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Batterie di iodio per i satelliti: la ricerca green dell'Alma Mater va nello spazio

"Boost" punta a recuperare in modo sostenibile i satelliti in orbita utilizzando un nuovo carburante ed eliminando i rifiuti spaziali. L'Università di Bologna capofila in Europa

Viene dal mare ed è un elemento chiave per il metabolismo umano. Ma presto potrebbe diventare anche un nuovo carburante, meno costoso e più sostenibile, per i piccoli satelliti da inviare nello spazio. Si tratta dello iodio, al centro di "Boost", il nuovo progetto di ricerca europeo coordinato dall'Alma Mater di Bologna.

Cartucce altamente tecnologiche e sostenibili

Cartucce di iodio solido, ricaricabili e sostituibili, con cui far funzionare i satelliti e poterli anche riutilizzare facendo rifornimento in orbita, evitando che si trasformino in spazzatura spaziale. È questa l'idea degli scienziati coinvolti: "Non è solo un progetto sulla propulsione spaziale, ma un'iniziativa che cambierà il modo in cui concepiamo e utilizziamo la tecnologia dei propulsori - spiega Fabrizio Ponti, docente del Dipartimento di Ingegneria industriale dell'Università di Bologna e coordinatore del progetto - siamo entusiasti di guidare questo percorso e di collaborare con partner di prim'ordine per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del progetto e aprire la strada verso tecnologie europee di propulsione spaziale più sostenibili".

Cosa sono i mini-satelliti

La diffusione dei satelliti in miniatura ha reso molto più rapido ed economico l'accesso allo spazio, sia per i Paesi sia per i governi locali e le piccole aziende. I mini-satelliti possono essere utilizzati infatti per il controllo del traffico terrestre, marittimo e aereo, per il monitoraggio di eventi catastrofici e anche per le indagini sulle attività criminali. La moltiplicazione di questi piccoli satelliti, però, ha generato un aumento di rifiuti e detriti in orbita intorno alla Terra. Di conseguenza, sono state introdotte norme rigorose su dismissione e smaltimento dei satelliti arrivati a fine vita. Il progetto "Boost" punta a risolvere proprio questi problemi.

Addio xeno?

Con "Boost" si punta a introdurre la possibilità di ricaricare le batterie e di effettuare rifornimenti in orbita, grazie appunto alle cartucce di iodio solido. Oggi il carburante più utilizzato per i satelliti è lo xeno, un gas nobile molto costoso e con disponibilità molto limitata. Il suo utilizzo richiede inoltre serbatoi pressurizzati e questo limita il suo impiego nei piccoli satelliti, a causa delle misure di sicurezza dei sistemi di lancio utilizzati. Lo iodio è invece molto più economico e ha prestazioni propulsive paragonabili a quelle dello xeno. Inoltre, lo iodio può essere immagazzinato allo stato solido a condizioni ambientali, eliminando la necessità di serbatoi pressurizzati.

Test a livello europeo

Gli scienziati si concentreranno quindi sullo sviluppo di un sistema di stoccaggio intelligente del propellente, in modo da poter definire uno standard di sistemi di immagazzinamento che apriranno la strada all'estensione della vita dei satelliti in orbita. Per farlo, lavoreranno anche all'adattamento delle strutture di test disponibili a livello europeo, per supportare l'utilizzo di iodio nei propulsori e sviluppare le capacità diagnostiche necessarie. Sarà anche messo a punto un catodo in radio frequenza alimentato a iodio, per poter estendere l'applicabilità della propulsione anche a potenze più elevate. Inoltre sarà ottimizzato il sistema che fornisce il flusso di propellente al propulsore, in modo da riuscire ad adattare anche i sistemi già esistenti.

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