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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Prigione per preti e teatro di scalate: storie e curiosità sulla torre degli Asinelli

Bologna città delle Due Torri. In un momento in cui tutta l'attenzione è - comprensibilmente - sulla torre più malandata, l'altra sembra aver perso lo sfarzo del passato

Che fine ha fatto la torre degli Asinelli? Fino a qualche settimana fa era il monumento più glorioso di Bologna: la torre più alta di tutte, slanciata, praticamente dritta, arrivata fino a noi intatta. Ci salivano tantissimi turisti, ogni giorno e a ogni ora (meno gli universitari, per la superstizione secondo la quale poi non ci si laurea più). Poi la Garisenda è diventata “pericolosa” e la vicina torre pendente ha attirato tutte le attenzioni su di sé, dal sindaco ai giornali nazionali e internazionali, ingegneri, archistar, esponenti del governo. Così la sorella sfortunata e “mozza” è diventata all’improvviso la protagonista assoluta, salvo concedere alla maggiore di comparire al suo fianco nella raccolta fondi che è stata appena lanciata per il restauro. A giorni i container inizieranno a separarla dal resto della città, e la scala che porta fin quasi in cima rimarrà ancora chiusa chissà per quanto tempo. Insomma oggi l’Asinelli è ammantata da un velo di nostalgia. E noi, per non “dimenticarcela”, abbiamo raccolto le vicende e le curiosità più interessanti che costellano la sua vita quasi millenaria.

Le origini tra dubbi e leggende

Eretta in un periodo collocabile tra il 1109 e il 1123, il mistero avvolge le origini della torre a partire dall’appartenenza. Secondo le storiografie più accreditate, la famiglia Asinelli nel XIII secolo abitava nei pressi del torrente Aposa, che in passato scorreva da porta San Mamolo a via Galliera. Probabilmente erano i guardiani della porta e del fiume, che nel 1070 venne deviato verso l’attuale piazza di Porta Ravegnana. Però gli Asinelli non erano una dinastia prestigiosa, anzi: se il potere di una famiglia aristocratica medievale si poteva calcolare in servi della gleba, nel Liber Paradisus che ne elenca quasi 6mila “riscattati” dal Comune nel 1257 ne comparivano appena una decina appartenenti agli Asinelli, mentre le altre famiglie gentilizie raggiungevano anche parecchie centinaia. Non è ben chiaro, quindi, perché la torre più alta di Bologna – e, tra quelle medievali pendenti, del mondo – sia stata intitolata a una dinastia che non brillava affatto per potenza finanziaria, e che nel giro di poco più di un secolo si estinse senza lasciare altra traccia in città.

Ben più emozionanti sono invece le origini secondo la risaputa leggenda che narra di un contadino che, mentre lavorava nei campi con i suoi due asinelli, trova un baule pieno di monete d’oro. Innamoratosi di una bellissima damigella aristocratica, l’umile uomo chiese la sua mano al padre. Il quale, schernendolo, gli disse che il matrimonio si poteva fare soltanto se il giovane fosse riuscito a costruire una torre molto alta. Il giovane raccolse la sfida e, usando gli asinelli per trasportare i materiali da costruzione, innalzò la torre più alta della città e coronò il suo sogno d'amore.

Sopravvissuta e miracolata fin dal Medioevo: storie e curiosità sulla pendente Garisenda

Preti indegni imprigionati e torturati

Oltre a impiegarla per le segnalazioni e gli avvistamenti in caso di attacco, il Comune utilizzò la torre degli Asinelli anche come prigione temporanea e come luogo in cui infliggere torture. A una ventina di metri da terra, sul lato che dà su Strada Maggiore, era collocata una gabbia di ferro in cui venivano rinchiusi senza cibo né acqua i preti indegni condannati alla pena capitale. La gabbia era piccola, tanto che non si riusciva a starci in piedi, ed era stata messa all’esterno della torre per esporre alle intemperie e al pubblico ludibrio i prigionieri. Che secondo le cronache furono parecchi: nel 1276 un certo don Jacopo Pelacani morì di stenti dopo esserci rimasto 49 giorni perché uccise un confratello rivale con un coltello da pane. Il priore dei frati degli Angeli resistette ben 96 giorni e gli furono incatenati anche mani e piedi (era il 1386 e chissà di quali nefandezze si era macchiato).  Nel 1463 fu la volta di Ardizzone da Novara che aveva aiutato i Visconti a conquistare Castelfranco: vi rimase tre giorni, poi su messo su un carro, bloccato con delle tenaglie e sepolto vivo e decapitato in piazza del Mercato. Nel 1554 invece don Alessio di Brisighella vi fu rinchiuso per aver celebrato più messe nello stesso giorno.

Bunjee jumping ante litteram

Se i 500 ripidi scalini per arrivare quasi in cima alla torre sono per i turisti più pigri quasi un’impresa, forse è perché non sanno che c’è stato chi si è arrampicato sulla Asinelli usando solamente due bastoni di legno e tanto, tanto coraggio. È successo nel 1306, il protagonista è un certo Beccaro di Gozzo Beccari. Volendo festeggiare la sconfitta del nemico Azzo d’Este, gli Anziani di Bologna ordinarono una grande luminaria sulla torre. Ma le scale erano impraticabili, e così l’uomo “camminò” sul lato della torre usando due stanghe che infilava nei fori di cui l’Asinelli è costellata. Un’impresa che ha dell’incredibile, dato che Beccaro, stando in piedi su uno dei trampoli, doveva incastrare l’altro nella fenditura successiva distante un metro e quaranta. Nei secoli successivi l’Asinelli è stata teatro di spettacolari performance di funamboli: nella Cronaca Presidonio, Ulisse Aldrovandi racconta di due “napoletani ballarini e saltatori di corda” che nel 1645 “son volati sopra della corda facendo forze straordinarie mentre venivano a basso”.

La vista dall'alto sulla torre degli Asinelli e su via Rizzoli. Foto: Archivio Origine di Bologna

La tagliatella e il pendolo

A Bologna sulle tagliatelle non si scherza, e la ricetta tradizionale pretende che la pasta rispetti delle misure ben definite. Secondo i dettami delle “zdaure”, la larghezza della tagliatella cotta deve essere la 12.270esima parte dell’altezza della torre degli Asinelli, ovvero 8 millimetri. E la torre non fissò solamente lo standard di uno dei piatti emiliani più famosi e apprezzati nel mondo, ma contribuì anche alla causa della rivoluzione copernicana e la teoria eliocentrica. Grande merito ebbe il matematico bolognese Giovan Battista Guglielminetti, che sfruttò l’altezza della torre per effettuare, per sette notti tra il 3 giugno e il 3 settembre 1791, sedici lanci di palline di piombo. Che confermarono lo scarto tra la verticale calcolata e quello dell’atterraggio, e quindi anche che il moto della Terra.

Dante recitato da Carmelo Bene

La Garisenda ha ispirato i versi del trentunesimo canto della Divina Commedia di Dante Alighieri, ma è dalla torre degli Asinelli che il drammaturgo Carmelo Bene ha recitato la Lectura Dantis. L'attore salentino fu chiamato dall'allora sindaco di Bologna Renato Zangheri, che in occasione del primo anniversario della strage alla stazione di Bologna aveva organizzato quattro giorni di eventi e iniziative. La sera del 31 luglio 1981, davanti a centomila persone assiepate in via Rizzoli, dalla torretta Bene decantò alcuni passi del poema dantesco con la luce che ne illuminava soltanto il volto. Di quella sera rimangono soltanto delle foto e i video girati da un'amatrice e oggi docente dell'Università di Bologna Angela Tomasini, dato che la Rai aveva boicottato le riprese tv in seguito alle polemiche politiche che l'annuncio della performance del drammaturgo aveva suscitato (simbolico l'attacco degli esponenti della Democrazia Cristiana in Consiglio comunale a Bologna, che chiedero a Zangheri quanto costasse "ballare il rock sui morti").

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