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Cronaca

Due anni di Lepore sindaco. Intervista a Cavedagna di Fratelli d'Italia

Il punto del capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale su alcuni macrotemi come sicurezza, casa e mobilità

Sono passati due anni dall’inizio del mandato di Matteo Lepore come sindaco di Bologna. Due anni segnati dai residui da eventi negativi, come le scorie della pandemia da Covid-19 e come l’alluvione dello scorso maggio. Sono stati anche due anni di grossi progetti, basti pensare alle linee del tram, al Passante di mezzo e alla Città 30: tre opere che cambieranno profondamente la viabilità e la vivibilità di Bologna. Insieme all’articolo che prova a segnare un bilancio tra ciò che è stato annunciato in campagna elettorale e ciò che finora è stato fatto, BolognaToday ha deciso di intervistare alcune voci dell’opposizione, partendo dai punti salienti evidenziati nel programma metropolitano 2021-2026.

Parola a Stefano Cavedagna, capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale.

Come giudica questi primi due anni e oltre del mandato Lepore?
Il giudizio sui primi due anni di amministrazione Lepore è gravemente insufficiente. Si sta verificando tutto ciò che temevamo dal primo giorno, ovvero un’escalation di violenza e di insicurezza in tutto il territorio bolognese, rispetto alla quale manca totalmente una presenza delle deleghe del Comune, come ad esempio un assessorato. Lo abbiamo chiesto a gran voce, ma non esiste un assessore per la sicurezza: Lepore ha tenuto la delega per sé ed ha nominato una delegata, che è la Capo di gabinetto e che quello dovrebbe fare, e invece fa diverse cose tra cui, appunto, occuparsi di sicurezza. C’è stato un lieve miglioramento dovuto alle risorse messe in campo dalle forze dell’ordine, possibili anche grazie al lavoro del governo: nuove assunzioni, nuovi mezzi e maggiore attenzione da parte del ministero dell’Interno. Purtroppo però i problemi restano: mancano attività diurne della polizia locale, le assunzioni di centocinquanta nuovi agenti, manca una buona illuminazione pubblica e mancano le telecamere, visto che un terzo di quelle presenti non funzionano. Tutte queste cose sono deleghe del Comune: per questo noi chiediamo un assessorato per la sicurezza che si occupi dell’illuminazione, delle telecamere e del presidio del territorio da parte della polizia locale. C’è poi il tema del degrado, che è evidente nel centro storico ma anche in altre zone della città. C’è sporcizia, accattonaggio e una generale incuria del territorio. E poi c’è il tema della viabilità.

Ecco, parliamo della mobilità.
La mobilità è un tema prioritario secondo noi, quasi a pari merito con la sicurezza, e denota il fallimento di questa giunta. Da un lato, l’aver pensato la Città 30: io ad oggi non ho ancora incontrato cittadini che siano d’accordo con questa scelta, anche persone di sinistra che sono contrarie a questa scelta. Non sono d’accordo gli autisti del trasporto pubblico locale, non sonno d’accordo i tassisti. Questa scelta non fa altro che ingorgare il traffico e aumentare le emissioni inquinanti: se la stessa auto passa più tempo in strada le emissioni aumentano, non so come si possa parlare di scelta ecologica. Non ultimo, questo rallenterebbe ulteriormente il trasporto pubblico: gli stessi autisti hanno denunciato ritardi di quattro, cinque minuti per le corse degli autobus. Questa scelta dovrebbe portare a rivedere tutto il sistema di trasporti e senza migliorare la sicurezza stradale, perché i dati che abbiamo – e sono dati della polizia locale – dicono che tutti i casi di incidenti mortali avvengono per gravi violazioni del codice della strada, non perché si va a 50 km/h. Principalmente parliamo di guide spericolate, guide in stato di ebrezza, perdita di controllo dell’auto o una sovrapposizione di queste cose. Ma non è che se il limite è a 30 km/h e uno va a 120 km/h allora va a 90 km/h, ma andrà comunque a 120 km/h noncurante del limite su quella via. Oltre a questo, c’è il tema del tram, che già con i primi cantieri sta avendo impatti devastanti. Penso alla zona di via Saffi, o alla zona Fiera, dove i cantieri saranno lì per tre anni. E penso poi al tram in sé: un mezzo che per più dell’80% del tragitto avrà una sede riservata, con tanto di cordolo. Di conseguenza le due carreggiate del tram occuperanno due carreggiate stradali, senza che però quelle due careggiate siano utilizzabili da altri mezzi. Quello è spazio tolto a tutti gli altri mezzi, il ché aumenterà gli ingorghi. Ci saranno poi meno parcheggi, ad esempio in zona Riva di Reno, dove il saldo è di meno duecento posti. I bolognesi avranno sempre più problemi a muoversi in macchina. Ma la cosa che la giunta Lepore non capisce è che non è che i bolognesi si divertano ad uscire in auto e non lo fanno certo per vezzo. Ma se io devo andare a lavoro, poi prendere mio figlio a scuola e dopo andare a trovare un mio parente o accompagnarlo all’ospedale, è difficile che i mezzi pubblici servano tutte le zone, per tutti i bolognesi e all’orario giusto per le loro esigenze. Questo noi contestiamo: per chi si muove solamente nel centro storico allora potrebbe anche andar bene, ma per tutti gli altri è insostenibile.

D’accordo. Parliamo ora della crisi immobiliare, un problema che affligge tutti, dagli studenti fino alle grandi aziende.
Il tema si esaurisce, secondo me, in un banale incrocio di domanda e offerta. Bologna è la seconda città che più cresce insieme a Milano dal punto di vista demografico. È una città molto attrattiva, sia per l’università sia per il mondo del lavoro. Negli ultimi anni c’è stato un aumento delle persone che vivono e risiedono a Bologna, più di mezzo milione in tutto. Una città che ha bisogno di mezzo milione di posti letto, dobbiamo trovare il modo di crearne di nuovi. Come? Riqualificando immobili attualmente sfitti, convertendo immobili che al momento hanno una destinazione d’uso diversa, oppure costruendo. Prima di costruire è opportuno riqualificare quelli più vecchi, ma servono più posti letto. Altrimenti se ho più domanda e meno offerta è logico che il prezzo si alzi. Ovviamente nessuno vuole mandare via studenti e lavoratori, dobbiamo capire bene cosa fare, altrimenti continuiamo a vedere scene da anni ’70 con le occupazioni abitative, ad opera di centri sociali spesso violenti che il Comune in qualche modo coccola. La risposta dell’amministrazione non può essere questa. Sulla riconversione degli immobili, tra l’altro, il Governo ha già fatto la sua parte, con le convenzioni per la riconversione delle ex caserme Staveco, Stamoto e Perotti. Noi siamo di questa idea: riconvertire gli immobili che possono essere riconvertiti e riqualificati, e poi il via libera a nuove costruzioni. Io capisco e condivido il discorso sul consumo di suolo, ma con mezzo milione di abitanti noi dobbiamo fornire risposte idonee, altrimenti le stanze costeranno sempre 600€ la singola e 1.000€ un bilocale.

Una battuta finale sulla Garisenda, visto che proprio voi avete portato il caso in Procura.
Abbiamo avuto da poco tutti i verbali degli incontri del comitato tecnico scientifico a suo tempo incaricato da Merola. Già a dicembre del 2018 si parlava di rischio di incolumità per le persone. L’ipotesi di crollo quindi c’era già. La domanda allora è: alla luce di questi documenti, perché non si è fatto nulla prima? Perché si è arrivati a questa situazione emergenziale? C’era la necessità di creare un piano di protezione civile, che invece è stato fatto solo ad ottobre del 2023. Si parlava anche di limitare l’accesso ai mezzi nei pressi delle torri, di inibire l’accesso all’area pedonale. A nostro avviso queste sono gravi negligenze dell’amministrazione comunale che hanno messo, e che continuano a mettere, a repentaglio le persone, e che hanno portato a progettare questa struttura di container in fretta e furia che è una struttura che non salva certo la torre, ma salva le persone. Poi da febbraio dovrebbero partire i lavori per questo cilindro, questa gabbia contenitiva per la torre. Ma la domanda è: perché siamo arrivati a questo? Il tutto alla luce delle relazioni del comitato. Ma la cosa peggiore è che dal 2021 al 2023 c’è un buco nella convenzione che c’era tra il Comune e il dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Bologna, il Dicam, il quale fino al 2021 si occupava non tanto di rilevare i dati ma di stimarli. Ecco: negli ultimi due anni, i più critici, il Comune non aveva le stime della situazione che c’era.

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