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Venerdì, 26 Aprile 2024

'Ndrangheta: maxi operazione e sequestri per 30 milioni | VIDEO

Sono 23 i soggetti finiti nel mirino della Guardia di Finanza, indagati a vario titolo per bancarotta fraudolenta, estorsioni, violenze e minacce. Aprivano e chiudevano società fantasma in pieno lockdown

Una vasta rete di società comprate e vendute, da parte di professionisti compiacenti che riciclavano denaro ed erano collegati con alcune 'ndrine calabresi ma completamente autonomi. In qualche caso, sono passati anche alle vie di fatto, aggredendo un vigile urbano e un ufficiale giudiziario in un piccolo comune della provincia di Forlì.

Aveva il suo baricentro nella riviera cesenate il vorticoso giro d'affari fraudolenti stroncato dalla Guardia di Finanza bolognese, con 23 misure cautelari, di cui 4 persone in carcere, 3 ai domiciliari e 16 divieti di dimora. A vario titolo sono state contestate le accuse di associazione a delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, e anche lesioni personali, minacce ed estorsione. Nel corso delle indagini è emerso anche un legame con le 'ndrine dei "Piromalli" di Gioia Tauro e dei "Mancuso di Limbadi, sebbene le figure apicali godessero della più ampia autonomia gestionale.

Un centinaio di militari del Comando Provinciale di Bologna, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza e con l'ausilio di personale dei Comandi Provinciali di Milano, Forli-Cesena, Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Chieti, hanno eseguito misure cautelari personali a carico di 23 persone

Sono stati sequestrati conti correnti, beni immobili e quote societarie per 30 milioni di euro circa tra le province di Roma, Milano, Brescia, Bologna, Monza, Modena, Piacenza, Forli-Cesena, Reggio Emilia, Vibo Valentia e Reggio-Calabria. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip Domenico Truppa su richiesta della locale Dda, con il sostituto procuratore Marco Forte. Le indagini, eseguite dagli specialisti del Gico di Bologna.

Società della ristorazione aperte in pieno lockdown: come agiva il gruppo

È stata così fatta luce su infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell'Emilia Romagna di organizzazioni criminali di stampo mafioso radicate in Calabria (da qui il nome dell'operazione). Gli investimenti illeciti, molti dei quali avvenuti in piena emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno riguardato, nel tempo, esercizi commerciali ubicati principalmente lungo il litorale romagnolo e operanti in variegati settori economici, tra cui l'edilizia, la ristorazione e l'industria dolciaria.

Dopo mesi di complesse investigazioni è emersa la presenza nel territorio regionale di piccoli gruppi di matrice 'ndranghetista, ognuno dei quali guidato da personalità di spicco, con propri interessi economici e, soprattutto, provvisto di legami con diverse famiglie e mandamenti della "casa madre" in Calabria, spesso menzionati nelle varie conversazioni captate. Grazie al ricorso a indagini tecniche, telefoniche e ambientali, oltreché all'esame di oltre un centinaio di rapporti bancari, è stato documentato un vorticoso giro di aperture e chiusure di società che, formalmente intestate a soggetti prestanome, venivano utilizzate come "mezzo" per riciclare denaro ovvero per consentire l'arricchimento dei reali dominus, il tutto mediante sistematiche evasioni fiscali perpetrate per lo più attraverso l'emissione e l'utilizzo di fatture false, sovente preordinate al trasferimento di ingenti somme di denaro e al compimento di vere e proprie distrazioni patrimoniali, con palese noncuranza delle possibili conseguenze in termini di procedure fallimentari Tali illeciti si sono consumati in un contesto criminale connotato da ripetuti episodi di intimidazione e minacce, oltreché, in alcuni casi, di vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati (o hanno tentato di farlo) di aderire alle richieste dei sodali.

(In video: colonnello Fabio Ranieri, comandante polizia economico finanziaria Bologna)

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