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Cronaca San Giovanni in Persiceto

Come funziona la coabitazione solidale in cui vivevano vittima e indiziato dell'omicidio di San Giovanni

Andrea Beluzzi era proprietario dell'appartamento dove è stato ucciso a coltellate il 31 dicembre. La convivenza con Francesco Ferioli, arrestato per omicidio volontario, era stata attivata dai servizi sociali per permettere a due persone fragili di aiutarsi a vicenda

A San Giovanni in Persiceto Andrea Beluzzi e Francesco Ferioli abitavano insieme da qualche settimana. La loro convivenza era iniziata a novembre in quello stesso appartamento di via Carbonara in cui il 31 dicembre Beluzzi è stato trovato morto, riverso sul pavimento della propria stanza da letto con i segni di alcune coltellate al petto. Accusato di essere l'autore dell'omicidio, ora Ferioli si trova in carcere. L'abitazione era di proprietà di Beluzzi che con il coinquilino aveva iniziato una coabitazione solidale: una particolare forma di convivenza in cui il "padrone di casa" ospita gratuitamente una o più persone che non hanno un alloggio, e in cambio riceve aiuto e assistenza.

Nella coabitazione solidale il diritto all'assistenza incontra quello alla casa

Chi decide di mettere a disposizione le stanze della propria casa è tendenzialmente persona che vive da sola ed è anziana o malata ma autosufficiente, e ha bisogno di aiuto per svolgere alcune mansioni quotidiane (dalla spesa alla pulizia dell'abitazione fino all'assistenza notturna). E per questo si rende disponibile ad accogliere inquilini che vivono in situazioni di fragilità economica e sociale: "Stipulano un 'patto di coabitazione' in cui il proprietario indica gli spazi che mette a disposizione e le modalità di convivenza; in cambio l'altra persona si impegna a fornire assistenza e presenza. La coabitazione solidale si svolge in comodato d'uso e unisce due diritti: quello all'assistenza e quello alla casa", spiega a BolognaToday Paola Marani, coordinatrice del progetto "Abitare solidale" di Auser, che a Bologna ha attivato 7 coabitazioni solidali per 15 persone.

"Tra Belluzzi e Ferioli nessun disagio"

La convivenza di Beluzzi e Ferioli era stata avviata dai servizi sociali del Comune di San Giovanni. Ma pochi giorni prima dell'omicidio anche l'Auser aveva cominciato a occuparsene in funzione di facilitatore tra le parti. Alcuni volontari di "Abitare solidale", racconta Marani, avevano tenuto con i due coinquilini il primo colloquio del monitoraggio della convivenza: "Condividevano tutti gli spazi della casa e ognuno aveva la sua stanza da letto. Erano entrambi in salute ma in difficoltà economica, e dal Comune ricevevano un contributo per sostenere le spese delle utenze e dei generi alimentari. Non abbiamo riscontrato particolari disagi - prosegue la coordinatrice - e avevamo in programma di incontrarli di nuovo per stipulare il 'patto' con loro. Nelle coabitazioni la convivenza viene regolarmente controllata attraverso i contatti telefonici, le visite a domicilio e la raccolta di eventuali segnalazioni da parte del famigliari per assicurarsi che tutto vada bene".

La selezione

L'anno scorso, per "Abitare solidale" l'Auser aveva ricevuto un centinaio di candidature ma solo due persone sono state ritenute idonee a prendere parte a una coabitazione: "Chi cerca un alloggio è tendenzialmente più giovane di chi lo offre", sottolinea la coordinatrice. A mettere a disposizione le stanze della casa sono la maggior parte donne vedove, che sono più inclini a richiedere un ospite dello stesso sesso. "Per quanto riguarda gli uomini - aggiunge Marani - le situazioni ricalcano la storia di Ferioli: uomini che hanno perso il lavoro e che dopo il divorzio non hanno più la casa. Oppure che sono stati sfrattati per morosità. Situazioni in cui il disagio economico diventa anche sociale". La selezione viene fatta dagli assistenti sociali o, nel caso di "Abitare solidale", dai volontari qualificati dell'Auser, che sono psicologi, assistenti sociali e personale sanitario in pensione. Passa attraverso una lunga serie di colloqui a cui segue un periodo di prova di un mese. Vengono presi in esame diversi fattori, tra cui il grado di integrazione sociale del richiedente, da quante persone è composto il nucleo famigliare e la motivazione dei candidati: "Raramente le coabitazioni sono formate da più di due coinquilini. Riceviamo segnalazioni di madri sole con figli, ma è praticamente impossibile ammetterle dato che sarebbe molto complicato, per chi ospita, riuscire a gestire una famiglia. Ci sono state esperienze anche con studenti universitari, ma non è stato un successo dato lo stile di vita e i bisogni molto diversi tra le due parti".

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