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Cronaca

La mappa della salute a Bologna: ecco quali le zone con maggiori "svantaggi sociali"

Come si distribuiscono la salute e la malattia? Quali gli elementi che determinano a livello locale disuguaglianze in salute? Come migliorare? Se ne è discusso in SalaBorsa, tracciando una sorta di mappa sulla situazione all'ombra delle Due Torri

Quali sono gli elementi che determinano le disuguaglianze a livello locale in termini di salute e malattia, e quali azioni si possono mettere in campo per superarle? Se ne è discusso oggi in SalaBorsa, tracciando una sorta di mappa che monitora la situazione zona per zona all'ombra delle Due Torri che arriva dagli esiti del progetto di ricerca-azione “L’equità nel diritto alla salute”, promosso da Università di Bologna, AUSL di Bologna, Comune di Bologna e IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant'Orsola

Il progetto di ricerca-azione “L’equità nel diritto alla salute”

Il progetto, concepito come una ricerca-azione, è stato realizzato dal Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI) del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, in collaborazione con il Dipartimento di Sanità Pubblica dell'AUSL di Bologna, il Dipartimento Welfare e Promozione del Benessere di Comunità del Comune di Bologna e l'IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant'Orsola.

L'indagine ha messo in luce come anche nel contesto bolognese, caratterizzato da una capillare presenza di servizi e da un quadro di solidità istituzionale, il tema delle disuguaglianze in salute emerga in modo rilevante e prioritario. In particolare, lavorando in sei aree della città, identificate di concerto con i sei Quartieri, il gruppo di ricerca ha analizzato e descritto gli elementi che sono alla base di queste disuguaglianze (dal contesto abitativo alle opportunità educative, dall'offerta alimentare alla rete dei servizi) e che assumono rilevanza diversa a seconda dei contesti locali. A partire da queste analisi, sono poi nate in via sperimentale alcune azioni di promozione dell’equità in salute, realizzate insieme alle istituzioni e ai servizi territoriali.

Mortalità e patologie legate alla povertà

Cosa è emerso dall'incontro odierno in soldoni? Che là dove a Bologna si concentrano difficoltà economica, povertà educativa, disagio e solitudine, ci si ammala di più. E si fa anche più fatica ad accedere ai servizi sociali e sanitari. Barca, Pilastro, Pescarola e la zona tra via Mondo e via del Lavoro sono le aree cittadine da segnare in rosso sulla cartina, dove cioè questo fenomeno è convogliato.

E' emerso dunque come anche il capoluogo emiliano debba fare i conti con le disuguaglianze in sanità, dal punto di vista della malattia e dell'accesso ai servizi.

La ricerca ha analizzato come si distribuiscono a Bologna la salute, la malattia e l'accesso ai servizi sanitari. Allo stesso tempo si è indagato anche su quali sono i fattori sociali che determinano queste disuguaglianze. Ci sono aree della città, ad esempio, dove il diabete è fino al 40% più diffuso, o dove le malattie cardiovascolari superano del 25% la media cittadina, o quelle psichiatriche del 30%. Dalla ricerca emerge anche come le aree con più alta percentuale di persone che vivono in alloggi Erp hanno peggiori indicatori di salute. Inoltre, la percentuale di persone minori di origine straniera è correlata a peggiori condizioni di salute, anche mentale. Nelle aree a nord e nelle periferie est e ovest la mortalità è maggiore, se pure di poco, rispetto alla media cittadina. In alcune zone della città, poi, le persone prendono molti farmaci per diverse malattie. Infine, nelle aree con peggiori indicatori socio-economici le persone ricorrono di più al Pronto soccorso.

Le zona dove si rilevano maggiori svantaggi sociali

Alcune aree di Bologna -come appunto Barca, Pescarola, Pilastro, via Mondo-via del Lavoro- "ritornano in tutti gli indicatori" e sono quelle connotate da "maggiori svantaggi sociali", sottolineano gli autori della ricerca, Ivo Quaranta e Chiara Bodini, del Centro studi e ricerche in salute internazionale e interculturale dell'Università di Bologna, come riferisce La Dire. Sono le zone, ad esempio, con una forte presenza di alloggi popolari, con pochi spazi di aggregazione a libera fruizione, che soffrono di "forte isolamento" e di un "senso diffuso di stigma anche territoriale". Tutte componenti che portano anche un "elevato tasso di conflittualità sociale". In questi contesti c'è più povertà educativa e anche minore attenzione all'alimentazione e al benessere, spiegano ancora i ricercatori, di conseguenza si registra un più faticoso accesso ai servizi.

"Il problema a Bologna non è la carenza di servizi- afferma Quaranta- ma la capacità delle persone di attivarsi per averne accesso. C'è un deficit non di servizi ma di sistema", che non mette in condizioni le persone di prendersi cura di sè, perchè ci sono "fattori che limitano" a monte i comportamenti corretti. Quindi "non basta fare una corretta informazione", avverte il ricercatore, ma occorre capire quali sono e in che modo agiscono questi determinanti sociali. "E' necessario ripensare il concetto stesso di salute- spiegano gli esperti dell'Alma Mater- non come assenza di malattia, ma come promozione di ciò che fa stare bene le persone". E allo stesso tempo serve ripensare il sistema andando verso servizi e figure di prossimità, sostengono Bodini e Quaranta. "Da oggi non si potrà più dire di non sapere- commenta l'assessore alla Sanità e al Welfare del Comune di Bologna, Luca Rizzo Nervo- bisognerà farsi carico di questi determinanti sociali"

Nuove risorse. Lepore: "20 milioni di euro di fondi Pon Metro su progetti socio-sanitari"

La ricerca realizzata dall'Alma Mater non è dunque "fine a se stessa- rimarca la prorettrice vicaria, Simona Tondelli- ma ha finalità di azione, di conoscenza e di supporto ai servizi". Il tema della fragilità è spesso citato anche dal sindaco Matteo Lepore, riferisce ancora La Dire. "Bologna è prima per qualità della vita- ricorda il primo cittadino- ma sappiamo bene che queste classifiche servono per lo più al sindaco e non ad affrontare i veri problemi. La città è cresciuta negli ultimi anni, ma si è anche allargata la forbice delle questioni sociali. Bologna è una città rifugio e di opportunità, ma più che avere il Tecnopolo la nostra ambizione deve essere garantire il diritto alla fragilità". Su questo, assicura Lepore, "vogliamo mettere nuove risorse e nuovi servizi. Serve un giro di boa". Il momento però non è dei più facili. "Anche la Regione è in difficoltà- rileva il sindaco di Bologna- ma non ci dovremo fermare di fronte alla mancanza di risorse. Dobbiamo guardare alle persone, non solo ai budget. E dovremo dare il massimo della nostra capacità di innovazione per riportare i servizi vicino alle persone". Direttamente come Comune di Bologna, ricorda Lepore, "investiremo 20 milioni di euro di fondi Pon Metro su progetti socio-sanitari, perchè è questa la priorità. Dobbiamo andare controcorrente, serve un'inversione di tendenza. Altrimenti rischiamo di indebolirci, in un territorio abituato ad avere servizi", avverte il sindaco.

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Verso un'unica grande azienda sanitaria a livello metropolitano

Per la sanità bolognese è giunto il "momento delle scelte coraggiose". E arrivare ad avere un'unica grande azienda sanitaria a livello metropolitano "è un'occasione che non bisogna farsi sfuggire". A imprimere un'accelerazione verso questo orizzonte è il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, questa mattina in Sala Borsa per la presentazione di una ricerca condotta dall'Alma Mater sulle disuguaglianze sanitarie in città. "Credo che sia il momento del coraggio- afferma Lepore- occorre mettere insieme quello che si può delle nostre aziende sanitarie e ospedaliere. Lo dobbiamo fare di comune accordo con l'Università e la Regione: Bologna è pronta per essere apripista in questo ambito". Da mesi a livello metropolitano è attivo un gruppo di lavoro guidato da Danila Valenti, direttrice del dipartimento integrazione interaziendale dell'Ausl di Bologna, con la partecipazione delle Aziende sanitarie, degli Irccs, della Regione, del Comune e della Città metropolitana. "Ci sono alcuni scenari di aggregazione- spiega Lepore- io credo che insieme alla Regione e all'Università dovremo fare la scelta più coraggiosa e lavorare con i professionisti di questo settore. E questo non solo perchè mancano le risorse. Chiaramente sappiamo bene che il sistema sanitario nazionale, in questo momento, su cinque miliardi di euro di necessità ne ha soltanto due a disposizione. Quindi il tema c'è".

Ragionare di aggregazione in sanità, sostiene però il sindaco di Bologna, serve "soprattutto perchè da tempo abbiamo bisogno di innovare il nostro sistema socio-sanitario. Abbiamo bisogno ad esempio che l'offerta sociale della città possa maggiormente integrarsi con la presa in carico dei pazienti prima di entrare in ospedale e soprattutto dopo. Pensiamo ai degenti più anziani, e anche a come riorganizzare il Pronto soccorso per dare risposte in tempi brevi". Secondo Lepore, dunque, "più che gli slogan, oggi dobbiamo identificare un progetto che ci permetta di dare risposte nell'immediato e anche nel lungo periodo. Bologna ha la possibilità di avere la più grande azienda sanitaria innovativa del Paese e non è un'occasione che bisogna farsi sfuggire".  
 

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