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Cronaca

Sanità, il sindacato: "Medici studiano e lavorano a tempo pieno: così è troppo"

La lettera del Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani

Sono medici con incarichi già a tempo pieno. E in più hanno l'obbligo di frequenza al corso di formazione in medicina generale, con tanto di tirocinio pratico. Un dovere che però rischia di sguarnire ancora di più mezzi di soccorso, guardie mediche e punti di emergenza. A denunciare il problema è il presidente regionale dello Snami, Roberto Pieralli, che ha scritto ai vertici della sanità in Regione Emilia-Romagna (compreso l'assessore Raffaele Donini) perché venga risolto al più presto il nodo. Si tratta in realtà di un "problema più volte posto" anche alla stessa Regione, sottolinea Pieralli, senza però "alcun riscontro ad oggi da parte di alcuno". Come riporta l'agenzia Dire.

La questione riguarda in particolare i medici corsisti chiamati a frequentare il tirocinio pratico con un medico di assistenza primaria. Con una nota dell'agosto scorso, la Regione identifica tre tipologie di medico in formazione con l'obbligo di tirocinio, tra cui anche quelli che svolgono attività mista o parziale ad esempio nell'emergenza territoriale o nelle guardie mediche. Il documento della Regione, però, a detta dello Snami non regola altri "numerosi medici convenzionati" con il servizio sanitario nazionale e regionali con incarichi a tempo indeterminato o determinato a tempo pieno. Questo, sostiene il sindacato, sta generando "enorme confusione rispetto i tirocini pratici".

Alcune aziende sanitarie, infatti, "rispondono ai medici che non sono previsti- riporta Pieralli- altre che lo sono, ma non capiscono con che percentuale" di frequenza. Secondo lo Snami, dunque, "stante la grave carenza di medici di medicina generale" il problema va risolto sgravando di fatto da questo obbligo i corsisti che hanno già altri incarichi.

"L'ipotesi di una frequenza obbligatoria ulteriore per medici già a tempo pieno- scrive lo Snami Emilia-Romagna- e in costante straordinario per garantire l'apertura dei servizi pubblici essenziali, in particolare di quelli dell'emergenza-urgenza, comporterebbe una riduzione oraria degli orari di attività di questo settore mettendo in ulteriore crisi il sistema sanitario regionale, nel quale tali operatori sono mediamente tutti sopra le 200 ore al mese di attività".

L'applicazione dell'obbligo di frequenza, infatti, "potrebbe comportare un'ulteriore riduzione della copertura delle postazioni di continuità assistenziale e nei penitenziari- elenca lo Snami- riduzione o chiusura di Pronto soccorso e punti di primo intervento, mezzi di soccorso e Usca". Pieralli chiede dunque alla Regione di fornire, "rispetto ai medici a tempo pieno, un chiarimento interpretativo ed applicativo per comprendere nelle varie aziende sanitarie come comportarsi e cosa salvaguardare laddove si debba scegliere cosa sacrificare tra queste frequenze o i servizi sanitari". Del resto, insiste lo Snami, "medici già oltre le 200 ore mensili di attività nel servizio sanitario nazionale per tenere aperti i servizi non sono in grado di sobbarcarsi ulteriori oneri causati da una discutibile programmazione".

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