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“Famiglie senza più un reddito, come camperemo?”: parlano i lavoratori Marelli

Testimonianze di rabbia e timori. 230 lavoratori a rischio. Tra questi anche una trentina di coppie, impiegati in due nella stessa azienda: stangata doppia

"Se non c'è il lavoro non c'è niente: la dignità, la stabilità, la sicurezza. Non c'è nulla". Sono le parole di Romeo, ex dipendente della Magneti Marelli, ora disoccupato. L'importante azienda con una filiale a Crevalcore ha chiuso i battenti all'improvviso il 19 settembre. A poco sono serviti anni di confronti e incontri, secondo l'opinione di molti sono mancati investimenti che riqualificassero la produzione, indirizzandola verso il settore sostenibile. Davanti allo stabilimento da qualche giorno i lavoratori sono in presidio permanente per cercare di convincere i vertici a ritrattare la decisione. "Siamo uniti, non molliamo" dicono. 230 lavoratori, dietro ai quali ci sono 230 famiglie, che in una martedì di settembre si sono ritrovare improvvisamente "in mezzo alla strada". 

Marelli: "Chiusura preoccupante anche per il paese. Mancati gli investimenti nel green" 

"È molto dura"

Con BolognaToday ha parlato Romeo, impiegato di 50 anni. Sposato, sua moglie lavorava nella stessa azienda. La differenza è che Romeo era assunto a tempo indeterminato, mente sua moglie era ancora interinale. "La situazione è molto dura - spiega. Noi ogni tre o quattro anni compriamo delle auto nuove per venire al lavoro. Ci facciamo 140 chilometri ogni giorno perché abitiamo nella bassa ferrarese. Sono spese alte ma le sosteniamo avendo un posto di lavoro. Ora, avendo perso questo, la situazione si fa difficile. Abbiamo rate da pagare e un mutuo, non sappiamo più come fare. Io ho 50 anni, mia moglie ne ha 43. Non siamo giovanissimi. Abbiamo capito il mercato del lavoro dell'Italia e sappiamo come la maggior parte delle aziende cerchi giovani ragazzi che si accontentano di essere pagati poco e - in certe occasioni - anche sfruttati. Per noi non rimane tanto posto di inserimento". 

"Io lavoro qui dal 2009. Siamo entrati come operai normali sulle linee di produzione e io dopo un anno e mezzo mi sono spostato sul reparto qualità. Ho lavorato anche lunedì e martedì: nessuno ci ha avvisato di nulla, la decisione è arrivata senza preavviso. Anzi, l'azienda aveva anche collaudato delle nuove linee di produzione da inserire nello stabilimento. Questo ci aveva dato la speranza che il tutto restasse operativo almeno fino al 2028. Quando è arrivata la notizia io e mia moglie di siamo guardati ed eravamo increduli. Lei aveva finalmente trovato un lavoro fisso dopo anni in cui aveva fatto diverse cose per guadagnare poco e aveva perfino rinunciato all'università".

"Ora non sappiamo cosa fare. Stiamo perdendo il lavoro tutti e due e a casa non portiamo più nessuno stipendio. Ma i debiti qualcuno li deve pagare. Sfortunatamente non abbiamo figli, ma ora mi sento di dire che in realtà 'fortunatamente' non abbiamo figli. Purtroppo anche loro sarebbero spese e situazioni di questo tipo vanno a impattare anche su di loro. Mia moglie può capire il perché non porto il pane a tavola, ma mio figlio non potrebbe capirlo allo stesso modo. In questo senso è un bene che siamo solo noi due". 

"Noi siamo molto giù, siamo moralmente a terra. Nessuno lo sapeva, nessuno se lo aspettava. Ora la palla la passiamo ai politici, credo che solo loro se si impegnano possono trovare delle soluzioni. In base a quanto abbiamo dentro l'azienda possiamo andare avanti altri due anni. Speriamo che la politica ci aiuti, ci ascolti. Siamo disponibili a fare qualsiasi cosa. Siamo bravi a lavorare, abbiamo le capacità e tutto quanto. Siamo qui". 

"Dietro c'era un piano"

Oggi 22 settembre davanti allo stabilimento di Marelli è arrivato anche il sindaco metropolitano Matteo Lepore insieme a quello di Crevalcore Marco Martelli. "Oggi è un'altra giornata di fuoco" ha riferito a BolognaToday Mariagrazia Vitiello, delegata della Federazione Italiana Metalmeccanici e dipendente dell'azienda da diciotto anni. "Dai tempi del Covid avevamo avuto sentori di crisi e da tempo aspettavamo che ci fossero investimenti e ricerca per riconvertire la produzione verso l'elettrico. Ci avevano assicurato che avremmo avuto lavoro fino al 2028. Ma alla fine hanno fatto un bel taglio: una volta acquisiti dal fondo americano KKR siamo passati da essere più di 500 agli odierni 230. Qualcuno è andato via di sua spontanea volontà, altri sono stati allontanati". 

Marelli, la procedura di chiusura si ferma "fino al prossimo incontro"

Mariagrazia spiega come dopo i tagli ci siano stati degli incontri con la Regione, il primo quest'anno. Il tema principale era l'assenteismo: "Veniva sempre fuori che in questo stabilimento il tasso di assenteismo era molto alto e che non tutti avevano sempre voglia di lavorare, per cui venivano chiamati interinali". A giugno 2023 Mariagrazia ci spiega come l'azienda abbia riferito di costi molto alti nel reparto alluminio, uno dei due reparti di produzione di Marelli. "C'erano troppe perdite dovute all'innalzamento dei costi e che pian piano il reparto sarebbe andato a sparire. A quel punto abbiamo chiesto loro della plastica, l'altro reparto. La risposta che è uscita da questo chiarimento era che i vertici non avevano intenzione di chiudere lo stabilimento, ma avrebbero fatto ricerca e progetti per investire in nuovi mercati". 

"In Regione abbiamo avuto l'appoggio estremo dell'assessore Colla, che si è sempre detto pronto ad accogliere progetti di riconversione. Si sono dati disponibili. Però da luglio ad agosto 2023 ci sono state le ferie e i turni di straordinario anche il sabato (visto che molti erano in vacanza). Durante il periodo sono venuti cinque o sei ragazzi dallo stabilimento di Bari, che sono stati sparsi lungo tutte le linee di produzione. Non abbiamo avuto nessun sospetto in merito a questa questione. Dopodiché martedì a Roma è arrivata la notizia della chiusura. Non ci hanno detto altro". 

Mariagrazia ha dovuto comunicare la notizia a tutti i suoi dipendenti secondo le motivazioni pubbliche dell'azienda, tra cui un debito passivo di 5 milioni di euro. "Sul debito io ci andrei coi piedi di piombo - spiega Mariagrazia - perché la produzione non verrà soppressa: quella dell'alluminio verrà esternalizzata e quella della plastica spostata a Bari. Io credo che con la scusa della transizione vogliono cancellare lo stabilimento. Se già anni fa avevamo un passivo di 5 milioni di euro, un fondo esterno ci permette di lavorare altri due anni? E inoltre ci avrebbe permesso di arrivare nel 2028? Non è vero che non abbiamo lavoro, il lavoro c'è: lo vogliono solo spostare, delocalizzare". 

"Io dico che è stato un 'piano' studiato nei minimi dettagli già anni fa. Qui a settembre 2023 sarebbe dovuta arrivare l'Euro7, la nuova linea di produzione. Tornati dalle ferie non è mai arrivata e i vertici hanno spiegato che il ritardo era dovuto a un problema legato al pagamento di fornitori. Mercoledì 20 settembre da fonti sicure abbiamo scoperto che questa nuova linea è invece stata montata a Bari, quando in realtà era destinata allo stabilimento di Crevalcore. Inoltre - sempre a Bari - hanno rinnovato un'altra linea di produzione, quella nella quale i ragazzi di Bari venuti a lavorare in estate qui da noi hanno imparato a lavorare. Per questi motivi, e per altre questioni, la chiusura è stata un progetto studiato. Qui ci hanno preso in giro fino alla fine anche davanti ai rappresentati regionali".

"Il cancello deve restare aperto"

"Ora abbiamo allertato tutti, dalle istituzioni ai sindacati. Qua oggi il cancello deve restare aperto. Siamo 230 lavoratori e 230 famiglie. Siamo più di 30 coniugi entrambi assunti nell'azienda. Finiremo sul lastrico, non so come continueremo a campare. La fascia d'età va oltre i 45 anni: io ne ho 55, mio marito 58. Cosa ne facciamo della nostra vita?" continua Mariagrazia. "Qui ora siamo uniti. Noi vogliamo solo che ci ridiano il lavoro, qualunque esso sia. Qua c'è gente anche di altre città, soprattutto del Sud. Persone che si sono trasferite qua vent'anni fa, che hanno lasciato affetti, famiglia e tutto per venire a lavorare. Molti non sono nemmeno vicini alla pensione. Cosa si fa? Come facciamo? Magneti Marelli sarà solo la prima di una lunga serie di chiusure. Siamo immersi nello sconforto ma ci stiamo facendo forza a vicenda". 

"Qui c'è il rischio di un crollo sociale" dice invece Samira, dipendente di 50 anni. "Noi siamo davanti al cancello dal primo momento in cui abbiamo imparato la notizia con u presidio che starà qui a tempo indeterminato. Non ci arrenderemo. Mio marito di 58 anni e io sono diciott'anni che siamo dipendenti Marelli e secondo me è una cosa studiata da almeno un anno. La decisione non è stata presa da un giorno all'altro. Hanno preso in giro un po' tutti: anche a giugno davanti ai sindacati avevano confermato come non ci fosse rischio di eventuale chiusura". 

"La nostra azienda ha resistito al terremoto nel 2012. Anche lì c'era il rischio chiusura. Durante il Covid invece che essere in cassa integrazione eravamo in azienda a lavorare. Bisogna fare in modo che le aziende in Italia resistano anche con la transizione ecologica. La Marelli di Crevalcore non sarà sicuramente l'ultima. Non vogliamo altro che il nostro lavoro. Vogliamo continuare a vivere e a mantenere le nostre famiglie e i nostri figli. Questo sarà sempre l'obiettivo".

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