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CGIL all’attacco del Governo: “Il Decreto lavoro è fuffa”

Il segretario regionale Massimo Bussandri suona la sveglia al Governo: "L’emergenza è spaventosa e il Governo se la cava con un decreto in cui affronta il tema fiscale anziché con riforme e provvedimenti strutturali"

Tutto pronto per la grande manifestazione nazionale indetta dai sindacati. Oggi le sigle CGIL, CISL e UIL daranno vita alla prima delle tre tappe di “Per una nuova stagione del lavoro e dei diritti”: Bologna il 6 maggio, Milano il 13 e Napoli il 20. “La mobilitazione unitaria si è resa necessaria – dice Massimo Bussandri, segretario regionale della CGIL Emilia-Romagna – per reclamare una netta inversione di tendenza rispetto all’indirizzo politico di questo Paese e che il Governo Meloni ha messo in campo, partendo dalla Legge di bilancio per arrivare al funesto Decreto lavoro del 1° maggio. Un indirizzo politico che va esattamente nel verso opposto rispetto a ciò di cui ci sarebbe bisogno per i lavoratori, per i pensionati e per le fasce più deboli. A partire, ad esempio, dall’emergenza salari e da quella dei redditi. L’emergenza è spaventosa: l’inflazione nel 2022 ha di fatto eroso le tredicesime e i costi dell’energia stanno di nuovo aumentando. Di fronte a ciò, il Governo se la cava con un decreto in cui affronta il tema fiscale anziché con riforme e provvedimenti strutturali, che noi chiediamo da anni. Del dl Lavoro non ci piace davvero nulla. Noi abbiamo chiesto il taglio e la redistribuzione del cuneo contributivo, ma in forma stabile. Questa mini-manovra sul cuneo contributivo, che invece è una manovra a scadenza, equivale ad un bonus di circa 400-450€, quando è stato stimato che quest’anno le famiglie a reddito medio-basso avranno un aggravio di spesa di 2.400€. Questa è fuffa”.

A proposito di numeri: uno tra i dati più spaventosi continua ad essere quello relativo alle morti sul lavoro, una strage che dal periodo post-pandemico continua senza sosta: “I numeri sono catastrofici. In questo Paese superiamo il migliaio di morti sul lavoro all’anno, una media di tre al giorno. Sono morti legati ad un doppio dis-investimento: quello delle imprese sulla sicurezza e sulla formazione, e quello dello Stato che negli anni ha progressivamente indebolito gli organi di controllo che purtroppo sono ridotti ai minimi termini. Questi dati così crudi sulla sicurezza sono anche l’effetto di un’altra piaga di questo Paese che è la precarietà. Prendendo i morti sul lavoro degli ultimi due anni, ci si accorge che la percentuale di lavoratori precari, intermittenti, stagionali o occasionali è altissima. Questo accade proprio perché la precarietà aumenta l’insicurezza sul lavoro: non c’è formazione, non c’è legame affettivo con l’azienda. Inoltre, abbiamo anche morti sul lavoro che non sono neanche lavoratori. Parlo degli studenti dell’alternanza scuola-lavoro: studenti che andavano a fare un’esperienza lavorativa e che sono stati restituiti alle famiglie dentro una bara”.

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