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Cronaca

Operazione anti-camorra "Vulcano": le vittime pensavano al suicidio

Estorsioni, minacce e usura ai danni di imprenditori e commercianti. Il Gip di Bologna ha ordinato l'arresto di 18 persone su tutta la regione per associazione mafiosa

Il Gip di Bologna, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, ha emesso diverse ordinanze di custodia cautelare che i Carabinieri stanno eseguendo nelle province di Rimini, Prato, Napoli e Caserta nei confronti di 18 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Al centro delle indagini dei Ros le infiltrazioni in Emilia-Romagna della camorra casertana e napoletana.

MINACCE E INTIMIDAZIONI AI DANNI DI IMPRENDITORI E COMMERCIANTI. Le attività di usura ed estorsione, secondo le indagini dei Ros che hanno portato all'operazione 'Vulcano', erano compiute ai danni di imprenditori e commercianti locali, avvalendosi anche di agenzie di recupero crediti fittizie. I Cc hanno documentato continue minacce e intimidazioni alle vittime, costrette a intestarsi attività commerciali e imprenditoriali da utilizzare per commettere truffe a istituti di credito. Per accrescere la propria influenza ed indurre le vittime a soggiacere in silenzio alle loro prepotenze, gli associati non esitavano ad accreditarsi quali appartenenti a clan camorristici campani, in particolare al "clan dei casalesi", sfruttando la relativa forza d'intimidazione.

LE VITTIME CHE PENSAVANO AL SUICIDIO PER DISPERAZIONE. Alcune vittime dei soprusi, per sottrarsi alle continue vessazioni loro imposte, sono giunte a meditare il suicidio, in un caso tentando concretamente di attuare tale proposito. Altre vittime, vedendosi oramai sull'orlo del fallimento, hanno abbandonato le loro attività o, in altri casi, si sono rese irreperibili.

COSTRETTI A PAGARE IL PIZZO. Sottoponendo le persone offese a continue minacce, intimidazioni e soprusi, talora anche nei confronti dei congiunti, il sodalizio è riuscito ad imporre il pagamento di ingenti somme di denaro, ovvero a costringere le vittime stesse ad intestarsi fittiziamente beni immobili ed attività commerciali, queste ultime poi impiegate per la consumazione di truffe. Ad esempio, una florida azienda di Calenzano, fatta intestare ad un prestanome, peraltro gravemente malato e successivamente deceduto, e stata condotta al fallimento dopo averla ampiamente sfruttata per perpetrare truffe ai danni di banche e di altri imprenditori.

LE INDAGINI. L’attività investigativa ha consentito di documentare il coinvolgimento di professionisti iscritti ai rispettivi albi (commercialisti, notai, avvocati, broker finanziari) che, oltre a fornire alla consorteria indagata importanti informazioni e consulenze sui vari circuiti di investimento, garantivano una copertura sicura per operazioni di riciclaggio e/o reimpiego dei proventi illeciti in attività commerciali, immobiliari e finanziarie intestate fittiziamente a prestanome. E’ stata accertata anche la disponibilità da parte del gruppo indagato di armi da fuoco, alcune delle quali regolarmente denunciate a nome di sodali e fiancheggiatori esenti da precedenti penali, altre invece di provenienza illecita.

I CLAN COINVOLTI. Nel corso delle indagini sono state ricostruite anche le dinamiche conflittuali del sodalizio capeggiato dal VALLEFUOCO con il clan “MARINIELLO” di Acerra (NA) generate, in particolare, da contrasti inerenti alcune operazioni immobiliari. In tale ambito, veniva documentato un progetto di omicidio ai danni di Francesco Vallefuoco da parte di affiliati al citato clan acerrano, non portato a compimento per l’intervento di autorevoli esponenti del clan SACCO di S. Pietro a Patierno. La risoluzione dei contrasti tra le due fazioni veniva successivamente assicurata dal clan “D’AVINO” di Somma Vesuviana, in cambio del versamento di una quota del 5-10 % degli introiti delle attività gestite dal  VALLEFUOCO. Nel corso dell'indagine sono stati documentati significativi collegamenti tra il gruppo criminale indagato ed altri sodalizi, tra i quali i clan “STOLDER” di Napoli, "SACCO-BOCCHETTI-CESARANO", di San Pietro a Patierno, gli “SCHIAVONE". Accertati anche i contatti del VALLEFUOCO con la famiglia mafiosa palermitana dei "FIDANZATI”.

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