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Cronaca

Uno Bianca, negato il lavoro esterno al carcere a Fabio Savi

I giudici non avrebbero riconosciuto come valido il percorso compiuto fin qui dal 'lungo' della banda, anche sotto il profilo dei danni nei confronti delle vittime

Non potrà lavorare fuori dal carcere Fabio Savi, uno dei fratelli della Banda della Uno bianca, condannato all'ergastolo per i reati che il gruppo criminale disseminò tra Emilia Romagna e le Marche dal 1987 al 1994. Lo ha deciso il tribunale di Sorveglianza di Milano rigettando il reclamo del 'lungo'.

Già la Procura generale aveva chiesto di respingere il ricorso del detenuto, in carcere dal 1994. A motivare il diniego il fatto che i giudici non avrebbero riconosciuto come valido il percorso compiuto fin qui da Savi, anche sotto il profilo dei danni nei confronti delle vittime del gruppo che in poco più 7 anni misi a segno oltre 100 azioni criminali, lasciandosi dietro una scia di 23  vittime e oltre 100 feriti .

Già nel 2020 a Savi venne negato di lavorare. Nell'occasione iniziò uno sciopero della fame in carcere in segno di protesta anche contro il rifiuto di ricevere un pc per scrivere il suo quarto libro.

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Uno Bianca, Banda spietata, oltre 100 le azioni criminali

Sono state talmente tante le vittime delle azioni mortali della banda dei fratelli Savi che alcune di esse rischiavano di essere presto dimenticate. Per poterle commemorare tutte degnamente e per mantenere vivo il senso dell'enormità della vicenda l'Associazione dei familiari delle vittime decise la creazione di un monumento collettivo e di una data comune (il 13 ottobre) in cui ricordare, almeno ogni anno, tutti i caduti per mano degli stessi assassini.

Hanno rapinato caselli autostradali, supermercati, banche, uffici postali; sparando e uccidendo. Ma hanno fatto fuoco pure quando non c’era un soldo da portar via o nemmeno ci pensavano al denaro, magari solo perché ce l’avevano con i nomadi o con persone dalla pelle scura. Tra i morti ci sono 5 carabinieri e un ex carabiniere, 1 poliziotto, 2 guardie giurate, 2 extracomunitari, 2 nomadi e altre 10 persone che si trovavano al lavoro nei luoghi delle rapine o hanno incrociato per caso la follia omicida di Fabio e Roberto Savi e dei loro complici.

Spesso le loro azioni malavitose somigliarono ad incursioni militari, con un volume di fuoco impressionante. Tra i fatti più sanguinosi l’assalto ad un ufficio postale, in via Mazzini a Bologna, fecero addirittura esplodere un ordigno che provocò 67 feriti.  

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Lo smantellamento della Banda

La banda della Uno bianca nasce il 19 giugno 1987 e muore nel novembre 1994, con la retata condotta da uomini con la stessa divisa degli assassini catturati. Sì perché, a parte Fabio Savi, erano tutti poliziotti.

La loro cattura fece saltare processi in corso o già conclusi; vennero rilasciati presunti rapinatori catanesi, pilastrini, mafiosi e camorristi già condannati o a rischio dell’ergastolo.

Partirono i processi di Rimini, Pesaro e Bologna (perché ogni Tribunale giudicò i delitti avvenuti nel proprio territorio) che stabilirono che la banda era sostanzialmente composta da Roberto Savi, il corto, Fabio Savi, il lungo, perché uno più basso e uno più alto, quelli che nelle azioni non mancarono mai, e da Alberto Savi, con l’aiuto più o meno occasionale degli altri poliziotti arrestati: Occhipinti, Gugliotta e Vallicelli.

 

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