rotate-mobile

Noemi di Leonardo

Giornalista BolognaToday

Violenza sulle donne. L'effetto tapis roulant. E i figli 'minori' del patriarcato

Sono stata pagata meno di un uomo? Sì. Palpeggiata? Sì. Battute volgari? Hai voglia. Ho avuto l'impressione di essere seguita? Non solo. E io che credevo di non essere figlia del patriarcato...

Come un tapis roulant, cammino, fatica e sudore senza arrivare mai da nessuna parte. E' lo stato d'animo di questi giorni, quando, e in tante lo hanno scritto, lo sapevamo già, ne eravamo consapevoli, sin dalla "sparizione dei due fidanzatini", non abbiamo neanche pensato che potesse finire diversamente. E poi come? Fuga d'amore? O rapimento, violenza e sevizie? 

Tra minuti di silenzio, o di rumore, panchine e scarpe rosse, cortei, linguaggio dei segni, educazione sentimentale, studi e pareri di esperti e facce da bravi ragazzi, quando la redazione mi ha chiesto di scrivere il mio pensiero sulla violenza di genere, ho subito pensato di non poterlo fare: "Io non sono arrabbiata". Peggio. Sfiduciata sì, la rassegnazione è lì lì. Non abbiamo avuto il tempo di riprenderci dalla notizia dell'omicidio di Giulia Cecchettin, perchè Rita Talamelli è stata strangolata dal marito, mentre Francesca Romeo è stata vittima di quello che sembra un agguato. 

Figli del patriarcato? 

In casa mia comandava una madre che lavorava, leggeva tantissimo e andava a prendere il caffè al bar da sola. Sostanzialmente immune dalle convenzioni in fatto di donne, nero, povero e diverso, "è tanta roba", si direbbe oggi, per una signora nata poco prima della guerra e vissuta in un paese dell'Abruzzo da 7mila anime o giù di lì. Era una tipa tosta, tostissima, nel bene e nel male. Nel suo modo mi ha lanciato nel mondo, con poche ansie, almeno visibili, e ancor meno raccomandazioni, usando una espressione mutuata dal suo amico Giovanni: "Poco cielo poco cervello", esci e conosci, non accontentarti del poco che ti offre il paese. E infatti sono diventata, prima, studente fuori sede, poi emigrata (economica) qui a Bologna. Quindi cosa potrei dire io sul patriarcato?

In antropologia, è il "tipo di sistema sociale in cui vige il 'diritto paterno', ossia il controllo esclusivo dell'autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi più anziani del gruppo", così lo definisce Treccani.

Bene, mia nonna, classe 1901, 6 figli - 4 di primo letto di mio nonno (i letti in verità erano due) -si separò. Sì proprio lei, quindi, cosa potrei dire io? Di non essere figlia del patriarcato in senso stretto perchè in casa mia non abbiamo mai riverito il capo famiglia maschio più di tanto?

Forse no. Ora non sono più di primo pelo, ma, certi tipi non fanno tanta differenza. Tuttavia non mi hanno mai controllato il telefono, che io sappia, nè sono stata incalzata con scene di gelosia o troppe domande sulle mie uscite serali, e, men che meno, fortunatamente, sono incappata in aggressori, ma...

Sono stata pagata meno di un uomo? Sì, sempre. Mi hanno palpeggiato? Sì, anche nella metropolitana di Londra e durante un campus in Germania. Battute volgari? Sì. Ho avuto l'impressione di essere seguita? Non solo l'impressione, su un desolato viale di agosto, un uomo mi inseguì in motorino e si masturbò open air appoggiato al Vespasiano di via Zanolini, per chi se lo ricorda. Ho subito le pressioni di un compagno insicuro e inadeguato? Sì. Sono stata criticata perchè indossavo abiti improbabili 'che poi te le vai a cercare'? Sì. Se questo quindi significa essere figlia del patriarcato, direi che ho quasi un piede dentro. 

E cosa ho fatto oltre a inc***rmi, indignarmi e partecipare a cortei ed eventi? Poco. Mi sono accontentata dello stipendio ridotto, ho tolto la mano dal mio sedere con l'aggiunta di qualche improperio, ho ricoperto di ingiurie parecchio urlate l'onanista che, da coniglio, ha rimesso tutto a posto nei pantaloni ed è scappato, salvo poi quasi svenire dallo schifo, ho ascoltato la solfa dell'inadeguato, però ho continuato - da giovane si intende - a vestirmi come mi pareva, quello sì. 

Delia e Ivano

Siamo uscite da poco dai cinema, eravamo in molte a giudicare dalle presenze record: "C'è ancora domani", opera prima di Paola Cortellessi alla regia. Siamo saltate sulla sedia più volte davanti a Mastandrea-Ivano, e anche al nonno. Il film è bello, Delia ne prende tante, ma tante. Sì ok va a votare, ma da Ivano torna, con una consapevolezza diversa? Può essere. Ma allora funzionava così, avevi i figli e dovevi campare. Mia nonna è stata una eccezione o forse semplicemente mio nonno, suo marito, non era un soggetto problematico in quel senso, violento insomma, poi per il resto non è che in un piccolo centro una sessantina di anni fa sia andata proprio grassa eh... e neanche ai suoi numerosi figli. 

Ero bambina quando c'era ancora il matrimonio riparatore e persino il delitto d'onore. In verità era unisex, valeva sia per gli uomini che per le donne, ma allora si sa come andavano le cose. Oppure non sussisteva colpa per chi stuprava una donna, se poi la sposava...certe fortune.... Leggi durate 50 anni e abolite nel 1981, dopo l'istituzione del divorzio. 

Almeno ora ci teniamo anche il cognome "da signorina". 

Ero già grande quando si affermò il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, e non un reato contro la morale, nel 1996, al suono di Wannabe delle Spice Girls.

Ma siamo solo noi?

Certo che no. Senza andare troppo lontano o in paesi dove la condizione femminile è un casino, secondo Unodc-United Nations Office on drugs and crime, nel 2021 (ultimo dato che sono riuscita a trovare) in Germania sono state 337 le donne uccise, 228 in Francia, 207 in Gran Bretagna, 97 in Spagna, per guardare in qualche altra casa. Secondo i dati riportati dall'agenzia Agi, nel 2021 sono state 45 mila le donne e ragazze uccise intenzionalmente dal partner, dall'ex o in ambito familiare, il 56 per cento degli omicidi femminili. Statisticamente, più di una donna o ragazza ogni cinque ore è stata uccisa per mano di un conoscente o familiare. 

Agire sugli uomini?

Non si può dire che comuni, governi, forze dell'ordine, scuola e persino la Chiesa Cattolica non si impegnino, negli ultimi giorni è passata anche una nuova legge.

"Bisogna iniziare sempre prima con ragazzi e ragazze" sostiene Silvia Gentilini, poliziotta dell'anticrimine esperta in violenza di genere. E infatti la Polizia ha organizzato un evento con le classi delle medie, il 24 novembre. E ancora, cortei, manifesti, slogan, testimonial, promesse di inasprimento delle pene, supporti psicologici, inviti a denunciare, stanze rosa, case e comunità anche per gli uomini maltrattanti, andando cioè alla radice del problema, fammi capire perché fai così e cerchiamo di correggere quello che non va. E il questore insiste proprio su questo, abbiamo tutelato, come è giusto, le donne, ma se non 'mettiamo' mano agli uomini, i risultati non arrivano e avremmo sempre numeri alti.

E che numeri: 107 vittime della violenza maschile in Italia, 88 uccise in ambito familiare-affettivo, 55 di queste dal partner o dall’ex partner. Queste sono le donne che sono state cancellate, quante sono le violenze in ambito domestico, quelle sessuali, le molestie, i soprusi in casa e sul lavoro, quante non denunciano? Non lo sapremo mai. Eh sì il problema sono gli uomini. 

Le denunce per violenza sessuale a Bologna, stando ai dati forniti dalla questura, sono diminuite nel 2023. Al 30 ottobre sono state 215 contro le 224 dello stesso periodo dello scorso anno. Più in dettaglio sono state 153 in città e 122 in provincia con un calo rispettivamente del 20,6% e del 4%. 

"La prima forma di indulgenza è la mia vergogna", mi diceva una conoscente che a giorni alterni veniva picchiata dal marito che se lo vedi pare Harry Potter, e gliene ha date un sacco e una sporta anche quando se n'è andata. Perchè che vuoi, anche se non sei un fuscello, se non te lo aspetti, ti picchia per bene e ti ammazza eccome. Insomma, se non si era capito, io la vedo nera. 

Non rimane che la memoria?

Alessandra Matteuzzi, Anastasia Alashri, Natalia Chinni, Emma Pezemo, Chiara Gualzetti, Maria Rosa Elmi, Ilenia Fabbri, Saman Abbas, Atika Gharib, Tommasina Olina,  Giuseppina Bellizzi, Patrizia Gallo, Barbara Fontana, Kristina Gallo, Rossana Jane Wade,  Liliana Bartolini, Jamila Assafa, Maria Rosa Milani, Teodolinda Capitani, Silvia Caramazza, Augusta Alvelo, Norma (il cognome del figlio omicida è Ricini), Oriana Brunelli, Giulia Ballestri, Anna Lisa Cacciari, Marinella Odorici , mentre si attende il giudizio per Isabella Linsalata e la madre di lei, Giulia Tateo. 

Sono le donne delle quali conosciamo i nomi, uccise da figli, mariti, compagni, conoscenti, ex, badanti e parenti, delle quali io e la mia testata abbiamo scritto. Non sono tutte, sicuramente qualcuna l'ho dimenticata. 

Poi ci sono le vittime di violenza sessuale, di aggressioni, di maltrattamenti, di omofobia, dell'autolesionismo per sfuggire alle botte, di quelle scriviamo tutti i giorni, fino alla nausea. Di quelle spesso non conosciamo il nome, com'è giusto che sia, ciò però sta a dimostrare che si rivolgono alle forze dell'ordine.

La furia, lo scempio dei corpi delle donne per gli investigatori rivelano i segni di un rapporto personale, forse un ladro non si scaglia in modo così feroce sulla vittima, se non altro per poter scappare più in fretta possibile, c'è quindi malanimo, odio, disprezzo e, soprattutto, secondo me, inadeguatezza. Ma questa è materia per profiler, noi ci limitiamo a prenderne atto o a seguirli in "Criminal minds", la serie TV scritta sulla base di un archivio dell'FBI. 

Io in conclusione, da sfiduciata e quasi rassegnata, una cosa l'ho capita. Un ladro sconosciuto non si comporterebbe così, solo chi hai amato e curato ti trucida. E tanto che ci sono onorerò ancora una volta il 25 novembre, male non mi fa. 

Si parla di

Violenza sulle donne. L'effetto tapis roulant. E i figli 'minori' del patriarcato

BolognaToday è in caricamento