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Cronaca

Papà Vincenzo lancia il progetto anti-femminicidi: "Perchè la morte di Chiara non sia vana"

Chiara uccisa a giugno del 2021 da un ragazzo quasi coetaneo. Le battaglie e il coraggio di Vincenzo, lo hanno portato ad aprire una piattaforma per raccogliere storie e testimonianze e chiedere certezza della pena

Un messaggio forte e chiaro: "Perchè la morte di Chiara non sia vana". Al via il progetto voluto da Vincenzo Gualzetti, papà di Chiara, 15 anni, uccisa Monteveglio il 27 giugno del 2021 da un quasi coetaneo, condannato, con il rito abbreviato, a 16 anni e 4 mesi.

Le battaglie e il coraggio di Vincenzo, che ha dovuto subire anche la malattia e la morte della moglie Giusi, lo hanno portato ad aprire una piattaforma contro i femminicidi, certezzadellapena.it. 

Tra gli obiettivi, naturalmente, una pena certa e adeguata al crimine commesso e la possibilità di eliminare l’attenuante della giovane età: "Queste sono alcune delle richieste che accomunano tante famiglie che hanno subito la perdita di una figlia, una sorella, una madre per mano di qualcuno che, fin troppo frequentemente, riceve una pena non adeguata al crimine commesso e ottiene spesso uno sconto, finendo per tornare in libertà ben prima di aver scontato una giusta pena", si legge sul sito. 

Raccogliere le storie

Attraverso un form, Vincenzo Gualzetti vuole raccogliere le storie delle vittime, le testimonianze e le richieste di tutte le famiglie "che hanno subito una perdita irreparabile e chiedono a gran voce una Giustizia 'giusta', nel rispetto del danno subito, insieme per portare avanti le richieste di un adeguamento normativo ormai necessario".

"Chi ha sofferto come me la perdita di una figlia, di una sorella, di una madre, si faccia avanti. Insieme potremo cambiare le cose", chiede Vincenzo “insieme possiamo unire le nostre voci e portare avanti proposte e iniziative che man mano delineeremo". 

La condanna 

Non avrebbe "mostrato segni di pentimento non solo nei confronti della vittima, a cui ha riservato "parole spregevoli prima e dopo il fatto", ma anche verso i genitori della ragazza. Anzi, anche a distanza di tempo non si sente responsabile di quanto ha fatto, ma continua a sostenere che la colpa è di un 'demone' che gli diceva cosa fare. Questo è uno dei passaggi principali della sentenza - come riporta l’Agenzia Dire - con cui la sezione minorenni della Corte d'appello di Bologna ha confermato la condanna di primo grado a 16 anni e quattro mesi per omicidio pluriaggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minore età della vittima nei confronti del giovane, 16enne all'epoca dei fatti e ora maggiorenne.

La sentenza è stata emessa lo scorso 20 marzo e le motivazioni arrivano a pochi giorni dalla morte della madre della vittima, di cui proprio ieri sono stati celebrati i funerali. Il ragazzo uccise Chiara Gualzetti a coltellate, infierendo poi con calci e pugni, e abbandonò il corpo ai margini di un bosco. La Corte d'appello condivide anche la decisione dei giudici di primo grado di non ammettere l'imputato alla messa alla prova. Facendo propria, sul punto, la conclusione a cui sono giunti i periti psichiatrici riguardo al fatto che il ragazzo ha attribuito al 'demone' la responsabilità del delitto, i giudici scrivono che si tratta di "un tentativo di deresponsabilizzazione.

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